MASCARATA _
2016
2016
Per Dario da Alfredo, testo di Alfredo Pirri - Artista
1257. La faba è quasi il canone della poesia. Ogni cosa poetica deve essere fabesca. Il poeta adora il caso.
1258. In una buona faba tutto deve essere meraviglioso, misterioso e incoerente; tutto animato. Sempre in modo diverso. Tutta la natura dev’essere mescolata in modo strano con tutto il mondo degli spiriti; l’epoca dell’anarchia universale, della mancanza di leggi, la libertà, lo stato di natura, l’epoca anteriore al mondo.
Quest’epoca anteriore al mondo fornisce, diremo così, i tratti sparpagliati dell’epoca che verrà dopo il mondo, così come lo stato di natura è una curiosa immagine del regno eterno…1
Ogni cosa poetica deve essere fabesca…
La faba, la poesia e al termine l’immagine sono il compimento di un movimento organizzato e, forse, addirittura programmato, disegnato in anticipo. Disegnato da chi? Dall’artista, dal luogo, dal caso, dall’incontro di tutto questo? Forse però il disegno esisteva prima, in maniera invisibile o, prendendo il termine dall’antica tecnica, in maniera nera cioè latente, che sta a noi rivelare col fumo bruno (quello delle idee), con l’immaginazione che non serve ad altro se non a riportarci là dove risiedeva prima di noi lo schema originale di ogni immagine. A noi il compito di ripercorrere quella strada lastricata da immagini lasciandoci sobbalzare come su un vecchio carro con ruote di ferro che ci smuove tutti facendoci sobbalzare mescolando le viscere col cuore.
Tutta la natura dev’essere mescolata…
La mescola è un prodotto normalmente riferito all’industria della gomma. Col termine s’indica lo stato di una materia d’origine naturale (appunto la gomma) alla quale vanno aggiunti diversi elementi chimici che la rendono utilizzabile per un uso largo. Un tempo, con lo stesso termine, si chiamavano prodotti diferenti, sia di origini alimentari (alcuni tipi di polenta) sia per uso artistico (l’unione, per esempio di pigmenti, trementina veneta, torlo d’uovo, gomma dragante, olio di lino etc. per realizzare la tempera grassa). Questo ci porta a pensare che il cosiddetto mescolare le cose, le carte, le razze, le forme, il sesso, l’alto e il basso etc. sia per prima cosa il risultato di qualcosa essenzialmente naturale. Ma a me piace pensare al mescolare non tanto e, non solo, nel contesto spaziale della Natura vivente (intesa come insieme di esseri viventi e cose inanimate), piuttosto come conseguenza di qualcosa di liquido e spontaneo che direziona il proprio movimento liberamente e ovunque trovi un letto pronto ad accoglierlo. O anche come acqua che crea il suo alveo con irruenza e anche violenza mescolando (appunto) tutto quanto trova sul suo cammino.
I tratti sparpagliati dell’epoca che verrà dopo il mondo…
Ai margini di questa strada ci capiterà di vedere le membra sparse di chi, prima di noi, ha provato il cammino ed è stato sbalzato fuori dal carro e, magari, fnito sotto le ruote di altri carri. Il mondo è questo paesaggio di rovine, ne è il custode. L’artista piega lo sguardo, piange a guardare quel disastro e asciugandosi le lacrime con mani sporche di grigio, si promette di tenere a mente quando sarà più avanti… dove più avanti? Il poeta adora il caso…
Più avanti dove ci porta la piena che scorre dentro il suo letto scavato e rifatto per natura e forza. Più avanti, anche di poco e per poco, di quello spazio e tempo che c’è dato attraversare specie nei momenti più belli e vigorosi. Più avanti dove il caso ha trovato per noi dimora stabile.
… Al chiarore della gioventù
Luci accese tardissimo
La prima mostra il seno che insetti rossi uccidono2.
1. Tratto da: Novalis “Frammenti” 1976 Rizzoli Editore, Milano
2. Tratto da: Max Ernst di Paul Eluardda “Répétitions” (1922) in:
“Poesie” 1955 Giulio Einaudi Editore, Torino
Ogni cosa poetica deve essere fabesca…
La faba, la poesia e al termine l’immagine sono il compimento di un movimento organizzato e, forse, addirittura programmato, disegnato in anticipo. Disegnato da chi? Dall’artista, dal luogo, dal caso, dall’incontro di tutto questo? Forse però il disegno esisteva prima, in maniera invisibile o, prendendo il termine dall’antica tecnica, in maniera nera cioè latente, che sta a noi rivelare col fumo bruno (quello delle idee), con l’immaginazione che non serve ad altro se non a riportarci là dove risiedeva prima di noi lo schema originale di ogni immagine. A noi il compito di ripercorrere quella strada lastricata da immagini lasciandoci sobbalzare come su un vecchio carro con ruote di ferro che ci smuove tutti facendoci sobbalzare mescolando le viscere col cuore.
Tutta la natura dev’essere mescolata…
La mescola è un prodotto normalmente riferito all’industria della gomma. Col termine s’indica lo stato di una materia d’origine naturale (appunto la gomma) alla quale vanno aggiunti diversi elementi chimici che la rendono utilizzabile per un uso largo. Un tempo, con lo stesso termine, si chiamavano prodotti diferenti, sia di origini alimentari (alcuni tipi di polenta) sia per uso artistico (l’unione, per esempio di pigmenti, trementina veneta, torlo d’uovo, gomma dragante, olio di lino etc. per realizzare la tempera grassa). Questo ci porta a pensare che il cosiddetto mescolare le cose, le carte, le razze, le forme, il sesso, l’alto e il basso etc. sia per prima cosa il risultato di qualcosa essenzialmente naturale. Ma a me piace pensare al mescolare non tanto e, non solo, nel contesto spaziale della Natura vivente (intesa come insieme di esseri viventi e cose inanimate), piuttosto come conseguenza di qualcosa di liquido e spontaneo che direziona il proprio movimento liberamente e ovunque trovi un letto pronto ad accoglierlo. O anche come acqua che crea il suo alveo con irruenza e anche violenza mescolando (appunto) tutto quanto trova sul suo cammino.
I tratti sparpagliati dell’epoca che verrà dopo il mondo…
Ai margini di questa strada ci capiterà di vedere le membra sparse di chi, prima di noi, ha provato il cammino ed è stato sbalzato fuori dal carro e, magari, fnito sotto le ruote di altri carri. Il mondo è questo paesaggio di rovine, ne è il custode. L’artista piega lo sguardo, piange a guardare quel disastro e asciugandosi le lacrime con mani sporche di grigio, si promette di tenere a mente quando sarà più avanti… dove più avanti? Il poeta adora il caso…
Più avanti dove ci porta la piena che scorre dentro il suo letto scavato e rifatto per natura e forza. Più avanti, anche di poco e per poco, di quello spazio e tempo che c’è dato attraversare specie nei momenti più belli e vigorosi. Più avanti dove il caso ha trovato per noi dimora stabile.
… Al chiarore della gioventù
Luci accese tardissimo
La prima mostra il seno che insetti rossi uccidono2.
—NOTE
1. Tratto da: Novalis “Frammenti” 1976 Rizzoli Editore, Milano
2. Tratto da: Max Ernst di Paul Eluardda “Répétitions” (1922) in:
“Poesie” 1955 Giulio Einaudi Editore, Torino