Ephraim, 2021
Il progetto è costituito da un’installazione composta da un set fotografico, il cui allestimento è caratterizzato da ombrelli fotografici e flash.
Le immagini, montate sul set, sono frutto della fascinazione sorta dalla visione del mosaico rappresentante la Battaglia nel bosco di Efraim di Bodini. La scena presente nell’opera racconta della fuga di Assalonne dalle guardie di re Davide, suo padre; si narra che il giovane abbia trovato la morte dopo essere rimasto impigliato in un albero di terebinto.
Partendo da questo immaginario, il progetto si è sviluppato attraverso una mappatura geografica e una ricerca testuale, sulle tracce dell’attuale ubicazione di questo luogo, scorrendo tra la street-view di Google.
Le immagini che compongono l’installazione sono ottenute forzando il computer ad aprire questo archivio di immagini naturalistiche raccolte durante il “viaggio” in formati sconosciuti, in una discronia che conduce il sistema in errore con la conseguente distruzione dell’immagine e la formazione di un glitch, o errore. Le forme che appaiono sono imprevedibili e contengono appena il riverbero dell’immagine di partenza.
L’immaginario che si crea attraverso l’installazione è un set im(possibile), un luogo 0, una sorta di foresta apparente di pixel naturale ed artificiale insieme.
Un diorama in cui cogliere frammenti di realtà, ombre che rievocano ambienti naturali plausibili, lasciando che sia l’immaginario la chiave per portarci oltre. Da questo luogo intricato, esplosione di colori e rarefazione di immagini, appare una scritta ricamata: “fecondi nel paese del dolore”.
La frase ricamata al centro dell’installazione, tratta dall’etimologia del nome Efraim, diventa una riflessione sull’attuale condizione umana di creature: potenzialmente feconde, collettivamente incerte in una foresta inesplorata.